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RECENSIONI estratti
a IL MIO NOME E' INNA Moretti&Vitali 2012
dalla nota di AZZURRA D'AGOSTINO dic. 2012
http://www.castellodivillaltapoesia.com/tag/ida-travi/
(...) Il fatto è che “Il mio nome è Inna” è un libro piuttosto sorprendente. Innanzi tutto, questo creare esplicitamente una comunità, un’epica, attraverso dei veri e propri personaggi che hanno le caratteristiche del mito, che hanno questa dimensione sovratemporale e inattuale, è qualcosa che non mi pare così frequente e soprattutto non con risultati a mio avviso tanto riusciti. Poi,di sorprendente c’è la lingua, che procede a tratti come per balzi, per strappi; più che altro una cosa visiva, sensoriale, in versi come: “il bambino crescerà / lontano dalla ruggine (...)
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Estratto dalla nota di Luca Benassi per Punto Almanacco della Poesia Italiana 3-2013
E' all'insegna di una ricerca umana e poetica unitaria che Ida Travi pubblica Il mio nome è Inna Scene dal casolare rosso che idealmente prosegue, come un secondo capitolo, geograficamente e temporalmente TA' poesia dello spiraglio e della neve (...) La terra di Zard, la piana grigia sulla quale si erge la mole sconnessa del casolare rosso dove vivono i personaggi del libro, nizia là dove finisce il silenzio bianco, ovattato gelido e nevoso di TA'. Forse da quei luoghi
postumi e deserti proviene Inna (...)
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Estratto dalla nota di Marco Furia in Le Voci della luna marzo 2013
(...)Gli uomini sono dunque esseri biologici che hanno costruito schemi verbali allontanandosi dalla loro natura?
qualunque sia la risposta, non consiste certo in essa il nucleo poetico della raccolta. Ida è tutta dentro: per lei non si tratta di porre o no in essere una critica, bensi di vivere. Un ragionamento può essere giusto o sbagliato, condivisibile o inattaccabile, la vita invece, in ogni modo è.(...)
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dalla nota di MARCO SCARPA - presentazione a Tra Versi - Treviso
http://poeticaepoetica.blogspot.it/
" L’orizzonte e i protagonisti di questo nuovo mondo poetico rappresentato sono Inna appunto, che fa le veci della madre, Zet che fa le veci del padre e poi Nikka, la vecchia e Sasa, il bambino. Sono estranei eppure vivono come fratelli, formando una famiglia. È una sorta di leggenda ambientata in futuro lontano, una storia che appare e non si esaurisce e Inna ne è al centro, è madre che genera, protegge, accudisce. È lei che ha scelto che si chiamassero Tolki, dall’antica parola inglese talk, parlare. La parola è qui centrale laddove la lingua è misera, una lingua da nulla, una sintesi estrema del linguaggio. "
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dalla recensione di CHIARA ZAMBONI in Il Manifesto 15/12/2012
http://poeticaepoetica.blogspot.it/2012/12/il-mio-nome-e-inna-recensione-della.html
Qual è il modo giusto per vivere il nostro tempo, il tempo presente che ci avvolge, rispetto al quale molti rimangono indifferenti e ciò costituisce non la loro ma la nostra vergogna? Questa domanda è il filo orientante del testo poetico di Ida Travi, Il mio nome è Inna. Scene dal casolare rosso (Moretti & Vitali 2012), commentato con molta finezza da Alessandra Pigliaru nella postfazione. Questo filo, certo, non è espresso esplicitamente ma è coglibile di pagina in pagina. Ida Travi ci propone un esercizio di alterità all’interno del presente, non nel senso di rifugiarsi in un altro mondo diverso dal nostro, piuttosto, rimanendo in questo, mettendo in atto un esercizio di spoliazione.
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dalla recensione di MARCO FURIA in Le voci della Luna 3/ 2013
(...) sono versi capaci di richiamare, con efficacia una forma di conoscenza che ignora ogni grammatica e che, come si vede dalla seguente pronuncia, non sembra far molto affidamento sull'umano linguaggio: Le foglie ci parlano, ci tengono un discorso/ ancora non si fidano della nostra andatura./ Gli uomini sono dunque esseri biologici che hanno costruito ipertrofici schemi verbali allontanandosi dalla loro natura? Qualunque sia la risposta, non consiste certo in essa il nucleo poetico della raccolta.Ida Travi è tutta dentro : per lei non si tratta di porre o no in essere una critica bensì di vivere. Un ragionamento può essere giusto o sbagliato, condivisibile o inaccattabile, la vita invece in ogni modo, è.
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dalla recensione DI TIZIANO SALARI
http://www.anteremedizioni.it/files/file/Salari%20su%20Inna.pdf
Il mio nome è Inna. Scene dal casolare rosso. Questo il titolo dell’ultimo lavoro poetico di Ida Travi. Indubbiamente si tratta di un casolare fantastico “in mezzo ad un campo grigio”. Già il rosso del casolare – “un punto rosso” che spicca nel “grigio”, dove arriva Inna passando “attraverso il campo innevato” e incontra altri tre che la stanno aspettando – è un segnale di vivacità, un contrasto. Sembra che IdaTravi abbia in mente una situazione primordiale in cui “c’è elettricità, ma si usano le candele”, dove “il telefono non funziona più”, dove “si parla, scrivere è un castigo...
...E che Ida Travi abbia colto dall’eterogeneo della sua esperienza passata, trasfigurandole nelle Scene dal casolare rosso, la sua riappropriazione del Sacro, lo si deve all’uso del linguaggio che, come scrive sempre Maria Zambrano, “nel linguaggio sacro la parola è azione. Le parole si uniscono in forme che aprono
uno spazio prima inaccessibile”. E tale è lo spazio invernale, nella sua astrazione fantastica, in cui si muove Inna insieme a Zet, Nikka, Sasa e Ur.".
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dalla recensione DI ROSA PIERNO a Il mio nome è Inna
http://rosapierno.blogspot.it/2012/10/ida-travi-il-mio-nome-e-inna-moretti.html
"....... Si salta la frattura solo con gli occhi chiusi, solo dimenticando ciò che si sa e persino le profezie di cui il testo è disseminato. A tutto togliendo credito, a ogni cosa credendo. Eppure, si direbbe che la natura qui abbia ruolo autonomo rispetto agli oggetti: “Tu metti il fiore nell’acqua / e il fiore si riprende / Il fiore non sa quel che fa / ma quel che fa è meglio”. È la natura che garantisce la continuità: “Il sole sorgerà un’altra volta, te lo giuro / cresceranno le mele rosse”. "
(estratto dalla nota di Rosa Pierno)
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dalla recensione DI FIORANGELA ONEROSO
http://www.anteremedizioni.it/il_nuovo_libro_di_ida_travi_il_mio_nome_è_inna
"...Un parlare apparentemente tipico del senso comune (nel modo in cui lo intende Roland Barthes), ma lontanissimo dal senso comune. ...Una parola che, alla luce di questo suo presunto senso, il mondo lo nomina e lo denomina. Eppure non si sa se nel denominarlo, lo si conosca poi veramente. Infatti, Inna sostiene che non bisogna desistere dall’impegno di rinominare il mondo in modo altro: “Che vuol dire mondo?”; “Hai memoria di questo mondo? / Sai come si chiama questo mondo? / Tutti lo chiamano mondo, ma qual’é / il suo vero nome?”; “Giuro che questo mondo esiste, Zet”. La reiterata denominazione mette in crisi la stessa denominazione, per questo occorre fermarsi e riflettere. E riflettere significa anche evocare l’universale poesia: “Con la testa appoggiata al sasso / sotto la torre solitaria e grigia / Inna invoca l’antico melograno”.
(estratto dalla nota di Fiorangela Oneroso)
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dalla recensione DI STEFANO RAIMONDI- per PULP LIBRI n°100
"A fare da collante in questo teatro dell'esistere è Ia lingua, è Ia parola ridotta a linguaggio a segno a soglia d'oltrepassarnento, situata al centro di un'oralità che serve per "dire" l'effetto che produce il suono sul significato, il senso nella vita. Sono parole/frasi che hanno il sapore oracolare delle invocazioni, la comrnozione delle preghiere, Ia forza di chi si ritira nel silenzio di una scelta. Tutto si espone in un battesirno di luce e da questa via la poesia s'incarna, senza inganno, in un reale che si fa carne per adempimento e realtà'.
<<Ho poche parole e m'arrangio con quelle/non voglio far torto a nessunoz'non voglio incantare nessuno/Volevo solo imparare dalla rondine>>."
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dalla RECENSIONE DI MARINA CORONA IN
QUI LIBRI GENNAIO 2013
"Saggio, materno e nel contempo allucinato. L’ambiente che Inna ci racconta ha un’atmosfera inquietante, Inna vi si muove con una consapevolezza allarmata e sagace. Parla di una tradizione, di una qualche antica sapienza, del bene che non si deve abbandonare....
E di amuleto in amuleto, di speranza in speranza si aprono le immagini finali del libro che sembrano trarre proprio dall’abbacinata modernità la loro realtà aurorale. Come se i personaggi si tenessero per mano in una fila di cui Inna è la figura trainante e così raggiungessero quella sorgente luminosa che lei aveva intravisto anche nello schermo del computer.
Nel bottoncino rosso del vestitino nero
se cerchi bene troverai la lampada.